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21 Giorni di Autoritratto Interiore - Kit gratuito di accompagnamento
- 1. Disegno, psiche ed emozioni
- 2. Ritratto e Autostima
- 3. La natura duale del ritratto
- 4. Io e mio, identità e possesso
- 5. Autoritratto a memoria
- 6. Autoritratto allo specchio
- 7. Autoritratto al buio
- 8. Autoritratto d’infanzia
- 9. Il ritratto reciproco
- 10. Autoritratto monocromatico
- 11. Autoritratto materico
- 12. Materico al buio
- 13. Autoritratto Fotografico
- 14. Lo scatto interiore
- 15. Autoritratto in Cancellazione
- 16. Autoritratto in Sovrapittura
- 17. Autoritratto Mandala
- 18. L’Autoritratto Astratto
- 19. L’Autoritratto Surrealista
- 20. Surrealista reciproco
- 21. Diario d’Artista e Mostra di me
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12. Materico al buio
Cara Francesca, scrivo qui per chiederti delle indicazioni e dei chiarimenti su questo autoritratto. Io amo fotografare e fotografarmi, ma non sono mai riuscita a fotografarmi nella verità (l’effetto riflesso sulla vetrina di cui parlavi). Mi è capitato raramente solo quando venivo fotografata di sfuggita da altri. Inoltre usando il cellulare (che è il mezzo forse più semplice e comodo per fotografarsi) l’immagine di me viene distorta, sia per la conformazione della lente, sia per i limiti di distanza e inclinazione (dovendo tenerlo in mano). Hai forse dei suggerimenti? Grazie
Cara Ada, sicuramente fotografarsi nella verità non è semplice, perché anche solo il fatto di essere oggetto dello sguardo dell’obiettivo e, attraverso l’obiettivo, di noi stessi come di altri occhi futuri con cui condivideremo lo scatto ci fa assumere una posa. Ma questa posa può essere più o meno fedele a quello che siamo, nella profondità. E noi, da un punto di vista artiterapico, ricerchiamo proprio quella fedeltà, che è trasparenza e profondità di verità interiori.
Per quanto riguarda il cellulare, sicuramente ti consiglio di provare la modalità autoscatto (anche con 10 secondi, se possibile) che ci permette di allontanarci dall’obiettivo e di sperimentarci. Altrimenti, se preferiamo tenere il cellulare in mano, consiglierei di sperimentare diverse inclinazioni, a seconda di cosa (anche in profondità) desideriamo fotografare. E magari possiamo anche annotare le diverse emozioni che emergono rispetto alle diverse inclinazioni, come un vero percorso di conoscenza della nostra immagine e delle nostre potenzialità di comunicazione attraverso la stessa, consapevoli che la vicinanza con l’obiettivo fotografico è in relazione con la vicinanza con l’occhio di chi ci può guardare da vicino.